Elezioni politiche 2018 - questione d'immagine



Non sto seguendo con attiva passione la campagna elettorale italiana a causa di un senso di disgusto che mi pervade ogni volta che vengo raggiunto da un nuovo, fantasioso proclama di qualche parte politica. Allontanarmi del tutto da una tale mole di messaggi resta però un'utopia: se non te li becchi sui telegiornali, ci sarà sempre una certa percentuale di contatti sui social network che ribatte senza sosta gli slogan della propria tifoseria come fossero pateravegloria dopo una confessione.
Se dunque non posso infilare la testa sotto la sabbia fino al 4 marzo, tanto vale cercare di orientarsi in questo tempestoso marasma comunicativo e divertirsi trovando modi più o meno creativi per dargli un senso. Facendo finta che alle spalle delle maggiori forze politiche italiane ci siano dei consulenti professionisti, è possibile scomodare un paio di concetti base del marketing, applicarli come filtro e vedere cosa ne salta fuori. Questi concetti sono:
- product: il prodotto, la prima delle 4P del marketing mix, l'oggetto stesso della vendita;
- brand: la marca, il contenitore del valore aggiunto dell'impresa.
Sembra fuffa? In questo caso lo è, ma vediamo se ne esce comunque qualcosa di simpatico.
Il Centrodestra
La coalizione di centrodestra fa fede al vecchio adagio di Arthur Bloch per cui "la necessità procura strani compagni di letto" e si presenta con una comunicazione incentrata sulla brand image. Il focus è puntualmente sui valori della marca e sul senso di appartenenza che il consumatore prova nei confronti di questi valori.
Fare advertising sul brand non è banale: bisogna trovare dei significanti di immediata comprensione, concetti premasticati che un target di pubblico generico possa far propri in modo euristico. Famiglia tradizionale, riduzione delle tasse, difesa della razza servono efficacemente a questo scopo. Ogni riferimento al prodotto (che in questo caso è rappresentato dalle promesse elettorali) può quindi diventare iperbolico oltre ogni limite dell'assurdo, perché svolge la funzione di rafforzare l'identità del brand e fidelizzare la clientela. Non solo: questa strategia si presta in modo particolare alla viralizzazione dei messaggi, già presentati in esclusivo formato di slogan. Se pensate che questa descrizione sia un elaborato e inutilmente complesso modo per descrivere il funzionamento del populismo, sappiate che avete ragione. Però sembra che funzioni, a dispetto dell'aberrante mancanza di etica che deriva dall'applicare questo metodo alla politica.
Il Centrosinistra
L'immagine che ho scelto non è aggiornata ma rappresenta efficacemente quanto sia complesso per il Centrosinistra approcciarsi alle strategie di brand image. Questa compagine politica, inoltre, parte dalla nota situazione di svantaggio che deriva dall'essere la forza di governo uscente, per cui sta provando a convertire questo elemento di debolezza in un punto di forza (ah, le sante analisi SWOT...) con una campagna incentrata sul product, il prodotto, in questo caso le idee che partono dalle azioni concrete performate durante la legislatura che volge al termine. No, quel "performate" non è un antipatico inglesismo ma si riferisce alla performanza semiotica, l'azione narrativa, perché cos'è in fondo la politica se non un grande racconto?
Da un punto di vista pratico, questa sembrerebbe una scelta più che ragionevole in quanto permette di distinguere l'immagine del Centrosinistra da quella del Centrodestra a livello di DNA e porta l'attenzione su proposte concrete. A livello di applicazione, però, cominciano i problemi. Gli attacchi mediatici che provengono dalla terna Salvini-Berlusconi-Meloni partono dalla loro strategia di brand e fregano puntualmente il Centrosinistra (Renzi in particolare, che sembra non aver ancora capito il trucco) portandolo a rispondere spostandosi sul proprio brand, già indebolito da un'immagine logorata. Tale logoramento ricade subito sul product, avvelenandolo e rendendolo prono a nuovi attacchi che riportano la comunicazione sul brand sempre più compromesso e creando così un circolo vizioso.
Smettere di cadere sempre nello stesso tranello potrebbe essere il primo passo per far riguadagnare credibilità alla coalizione.
Il Movimento 5 Stelle
I pentastellati riescono a distinguersi dalle altre forze politiche sfruttando il caos endemico che contraddistingue il movimento e generando così un approccio fluido che ha dell'incredibile. Gli elementi tipici del product e quelli del brand si fondono senza soluzione di continuità né parvenza di rigore logico, consentendo sostituzioni e interposizioni incessanti. Mi spiego meglio: ad ogni attacco focalizzato sul loro product, non fanno altro che rimuovere il bersaglio spostando la linea di difesa sul brand e partendo da lì al contrattacco. Vengono quindi assaliti sul brand? Nessun problema, basta smettere di parlare di brand e rispondere partendo dal punto di vista del product.
La costanza con cui vengono fatti questi salti permette di massimizzare i vantaggi di entrambe le strategie, a patto di rispettare un fondamentale requisito: la coincidenza di marca e prodotto richiede la completa mancanza dell'oggetto di valore narrativo, l'assoluta astrazione. In parole povere, l'unica cosa vendibile così è l'aria fritta, il che non sarebbe il massimo per un partito politico ma sembra che i sondaggi mi sbugiardino alla grande.
In una campagna che sta toccando vertici di bassezza quasi americani, chi vincerà alla fine? Con la legge elettorale in vigore, molto probabilmente nessuno e questa è la vera figata!
Gadjet