Sanremo 2016: la risposta della RAI al canone in bolletta


Quest'anno non volevo farlo, lo giuro! In questo periodo sono così nauseato dal pop che ascolto ogni giorno in radio sul lavoro che la mia intenzione era di far finta di nulla e semplicemente aspettare che il festival passasse. Poi ha vinto la curiosità e mi sono ritrovato sul sito della RAI a sorbirmi - scagliando coloriti anatemi - 30 secondi di pubblicità per ogni tre minuti e mezzo di musica. Anche questa volta ho saltato tutte le parti di contorno (ovvero il 90% dello spettacolo) per sentire solo le canzoni in gara e, arrivato alla fine della prima serata, ero ancora fermamente convinto che non avrei scritto nulla. Stoicamente, sono andato avanti.

 

Vi siete mai chiesti quanti soldi sono stati spesi per mandare Samantha Cristoforetti a fare esperimenti scientifici nello spazio? Provate ad immaginare quanto sarebbe stato possibile risparmiare facendoglieli fare all'Ariston, dove avrebbe trovato esattamente le stesse condizioni: il vuoto siderale!

Un rigurgito di brani stantii, virtualmente indistinguibili gli uni dagli altri, così triti che se quest'anno si fossero ripresentati Il Volo e Nek con le stesse canzoni del 2015 avrebbero vinto senza dubbio il primo e secondo posto a furor di popolo. IL VOLO e NEK, capito? Rende l'idea?

 

Ok, ho cianciato abbastanza, partiamo con ordine e tuffiamoci nella palude nelle recensioni!

 

Lorenzo Fragola - Infinite volte: non ci arriva e stecca. Queste sono state le parti migliori della sua proposta.

 

Noemi - La borsa di una donna: imprecisa, soprattutto nei registri bassi. Testo ben strutturato, musica noiosa. Molto.

 

Dear Jack - Mezzo respiro ancora: così giovani e così sanremesi... il nuovo cantante convince poco, sia a livello tecnico che espressivo, mentre il brano scorre anestetico e lascia solo una domanda: visto che sono in gara contro il loro ex frontman, chi avrà la meglio?

 

Arrivati a questo punto, il livello medio si attesta a "serata di gala della sagra della salsiccia", il che è sconfortante.

 

Deborah Iurato e Giovanni Caccamo - Via da qui: la coppia non canta male, lei sbava un po' il primo acuto nel finale. Ah, l'acuto, forca caudina di ogni buona canzone sanremese che si rispetti. Perché un cantante deve per forza dimostrare il proprio valore cacciando un urlo di guerra entro 20 secondi dalla fine del suo brano? Secoli di musica e non si riesce ad usare nessun altro artificio per creare dinamica?

 

Stadio - Un giorno mi dirai: da un gruppo storico mi aspetto chiaramente una performance di qualità. In questo caso mi devo tenere l'aspettativa: l'esperienza si vede, senza dubbio, ma il risultato è un rantolo inconsistente, uno di quei pezzi che ai loro concerti farà pensare al pubblico "ok, bravi, ma adesso fate la roba buona di una volta!"

 

Arisa - Guardando il cielo: dopo essere sprofondati al livello "serata di gala della sagra della salsiccia con MOLTO alcool", accolgo Arisa con piacere. Sì, avete letto bene, ho scritto ACCOLGO ARISA CON PIACERE. Questo dovrebbe rendere molto bene l'idea di come un brano senza idee degne di menzione possa spiccare rispetto alla media del concorso. Se non altro, Arisa tende a cantare in modo gradevole anche senza lasciare il segno.

 

Enrico Ruggeri - Il primo amore non si scorda mai: Ruggeri arriva e ricicla parecchie delle idee che hanno reso identificabile il suo stile. La sua proposta potrebbe essere definita come mediamente di rottura rispetto allo standard del festival. Sì, se fossimo nel 1982. Peccato, perché Ruggeri non mi dispiace e speravo che avesse il coraggio di osare almeno un po' invece di presentarsi sul palco dell'Ariston per fare cassa.

 

Rocco Hunt - Wake up: per la precisione, il titolo è UEIGAPP GUAGLIU', il che potrebbe esaurire in modo soddisfacente la descrizione di questo pseudo-rap dialettale. Dovrei riascoltare il brano per capire di preciso l'argomento trattato, non essendo riuscito a decifrarne una percentuale elevata. Non lo farò.

 

Irene Fornaciari - Blu: qualche anno fa si presentò a Sanremo con i Nomadi, portando una canzone che anche oggi riascolto volentieri (e che quindi non ebbe fortuna in termini di classifica). Stavolta la mossa è furba: un testo sulla tragedia dei migranti. La furbizia però non arriva alla provocazione, si ferma solo a perifrasi e metafore che faranno annuire di compiacimento benpensanti e fini critici musicali con velleità filosofiche. Irene, si può parlare di temi scottanti anche in modo diretto se il fine è quello di trasmettere un messaggio ad un pubblico ampio. L'aura dell'impegno sociale alto ed intellettuale ha un po' stufato.

 

La seconda serata del Festival di Sanremo si apre con le nuove proposte, piazzate strategicamente in quella fascia oraria con la mezza ammissione che altrimenti non se le filerebbe nessuno. Quest'anno inoltre i giovani vengono messi in sfida diretta. Nulla appaga la sete di sangue degli spettatori come un deathmatch!

Vediamo dunque come se la cavano le giovani promesse della musica italiana:

 

Chiara Dello Iacovo - Introverso: la giovane Chiara sembra all'inizio un po' emozionata (e vorrei vedere, io lo sarei ben di più!) e ci porta un brano leggero e simpatico. Nulla di eclatante, innovativo o solo alternativo però, rispetto a quanto sentito finora, almeno ha un po' di verve. Le perdono anche lo stile un po' alla Gianburrasca con le braccia fasciate di cellophane per fare il verso a quanto recita la sua canzone.

 

Cecile - N.E.G.R.A.: non si capisce chi sia il rapper né perché il titolo appaia come acronimo. Tralasciando questi dettagli, Cecile cala una mano bella pesante: "sono negra, ma quando mi vedi nuda non te ne fotte più". BOOM! Sicuramente il pubblico non gradirà la concretezza di questa provocazione, perché le altre razze devono suscitare solo sentimenti di condiscendente pietà e non provare ad alzare la testa. I negri ci servono a pulire i parabrezza ai semafori, chiedere la carità, portarci i carrelli della spesa, insomma a farci sentire superiori, no?

 

...infatti vince la sfida Chiara Dello Iacovo con il 64% dei voti. Cara Cecile, renditi conto che sei una donna, di colore e per di più parli a testa alta di uno degli aspetti più ipocriti del razzismo. Non puoi ballare il tip tap su così tanti nervi scoperti in un colpo solo! Adesso hai avuto i tuoi tre minuti e mezzo di spazio per questa piccola ribellione, quindi accomodati pure e lascia che il borghese medio ricominci a difendere i suoi principi etici: a puttane il sabato sera e a messa la domenica mattina. La famiglia tradizionale, insomma.

 

Irama - Cosa resterà: bel tentativo, ma il premio "scioglilingua della musica italiana" l'ha già vinto Bisio con Rapput. Comunque un pezzo più ascoltabile di quanto siano gradevoli gli orecchini di Irama, potrebbe vincere la sfida.

 

Ermal Meta - Odio le favole: giovane e fresco come Morricone! Massimo rispetto per il Maestro, beninteso. Il paragone mi è venuto in mente per la notizia di questi giorni secondo cui i Subsonica hanno fatto notare, con ostentata leggerezza, come le prime quattro note dell'ultima colonna sonora composta da Morricone fossero uguali ad una loro canzone. Il Maestro l'ha presa bene, con simpatica verve, mandando avanti il suo avvocato col mitra spianato, secondo il vecchio adagio "al cavaliere nero nun je devi cacà er cazzo!". Alla fine si scopre che le azioni legali si trovavano solo nella penna dei giornalisti a caccia di notizie dove non ci sono. Avete notato che sto deviando dal discorso? Bravi.

Ovviamente, vince lo spirito più conservatore e conformista, per cui passa Ermal Meta.

 

Dolcenera - Ora o mai più: l'esibizione di Dolcenera non è quella di chi sta partecipando ad un concorso, bensì quella di chi ha già vinto. Sicura di sé, inappuntabile in ogni dettaglio, molto espressiva senza mai eccedere, sia al pianoforte che alla voce. Rende interessante anche uno swing che in sé non ha nulla di memorabile. Vista la media dei pezzi in gara, ha ottime possibilità. A fine serata, come a confermare la mia valutazione, è finita in fondo alla classifica... :D

 

Clementino - Quando sono lontano: ecco il secondo momento dedicato al rap. A questo punto nasce in me la certezza che questo genere musicale, per fare successo in Italia, necessiti di essere cantato in qualche dialetto meridionale come fosse uno slang da strada. Appena Clementino smette di parlare e passa alla melodia del ritornello, fa capire senza ombra di dubbio la differenza fra un rapper e un cantante.

 

Patty Pravo - Cieli immensi: Voldemort, scusate, Patty Pravo si presenta sul palco con la pelle della faccia così tirata che mi chiedo come faccia ad articolare certe consonanti. Musicalmente parlando, Patty Pravo fa Patty Pravo e nulla più. Questo livello di conformismo è praticamente una richiesta di premio alla carriera piuttosto che alla canzone del festival. Ce la farà a scalare la classifica oppure la giuria ne decreterà la rottamazione? Mah...

 

Francesca Michielin - Nessun grado di separazione: la vincitrice di X-Factor 2011 si presenta sul palco con il look della perfetta casalinga del sogno americano negli anni '50. Molto discreta anche nei movimenti, è protagonista di un brano anonimo e una performance altalenante che riesce a farsi dimenticare addirittura durante l'ascolto.

 

Alessio Bernabei - Noi siamo infinito: quando una formazione pop si separa, questo significa che noi ascoltatori saremo martellati dal doppio dei singoli inutili. Martellati sugli zebedei, intendo. Nella sfida interna ai Dear Jack, comunque, l'ex cantante sembra prendere un cospicuo vantaggio con un brano scorrevole che ammicca ai motivetti dance e che si presterà molto bene ai remix da discoteca. Insomma, il ragazzo ci ha visto lungo e sicuramente questa scelta gli porterà un bel po' di soldini. Come per Dolcenera, anche in questo caso sono stato confermato dal fatto che a fine serata Bernabei si è piazzato fra gli ultimi quattro!

 

Elio e le Storie Tese - Vincere l'odio: credo che, come me, molti stessero attendendo l'arrivo degli elii con una certa trepidazione, al pensiero di "chissà che genialata faranno questa volta!". DE-LU-SIO-NE!!! Gli EelST si presentano con un brano fatto di soli ritornelli, solo che siccome non "ritornano" mai potremmo dire che è un collage di linee vocali di solito usate per i ritornelli. Gli stili sono musicalmente eterogenei ma alla fine si tratta di un guazzabuglio al limite del plagio di un sacco di canzoni diverse, cucite insieme da idee stilistiche a cui il gruppo ci ha già abituato. Insomma, una cosa che vuole essere fresca e nuova ma non ci riesce. Il pubblico applaude ad ogni cambio del pezzo, dandomi una brutta sensazione. Praticamente è come se tutti si stessero aspettando una figata, a prescindere da cosa avrebbero fatto. Per un artista non è esattamente un bel segnale, vuol dire che in realtà nessuno sta ascoltando per davvero quello che hai da dire.

 

Neffa - Sogni e nostalgia: Neffa arriva senza troppa convinzione e annoia. Punto.

 

Annalisa - Il diluvio universale: un pezzo molto, molto sanremese con un passaggio che ricorda fin troppo vicino Jovanotti, il che non vuole essere esattamente un complimento. Lei non canta male ma la sua proposta non esalta. Sembra che il concetto di "groove" non faccia parte di questa edizione di Sanremo.

 

Zero Assoluto - Di me e di te: il duo punta al romanticismo più becero per far bagnare le quattordicenni, obiettivo che potrebbero anche raggiungere se non fosse che alla loro età può essere considerato reato. Non credevo fosse possibile portare in concorso una canzone con così poche note, anche una ripetitività così criminale dovrebbe essere considerata reato. Notate come vi abbia risparmiato la facile battuta sul nome del gruppo.

 

Concludiamo con gli ultimi quattro giovani in gara, che si sono esibiti all'inizio della terza serata per i motivi di cui sopra. Volendo dirla tutta, all'una di notte credo che lo share di qualunque programma di tale durata collassi fisiologicamente a tal punto da includere solo spettatori che si sono suicidati lasciando la televisione accesa.

 

Miele - Mentre ti parlo: è troppo chiedere un po' di brio, almeno ai giovani? Miele non convince, né per il brano né per la performance.

 

Francesco Gabbani - Amen: si comincia con un sintetizzatore che ha il sapore di quegli anni '80 che speravamo di esserci lasciati alle spalle, almeno creativamente. Poi si finisce nel classico brano sanremese che vorrebbe essere di rottura ma senza offendere nessuno e, in ultima analisi, senza rompere niente. A parte i testicoli degli ascoltatori.

 

La sfida fra Miele e Gabbani è intrisa di polemica: a causa di un malfunzionamento nei sistemi di voto viene prima dichiarata vincitrice lei, poi si rivota e vince lui. Insomma, scelta ardua fra diverse tonalità di... a voi completare la frase.

 

Michael Leonardi - Rinascerai: e questo chi è? Un mix fra Battiato, Renato Zero e il tenorino de Il Volo? Davvero il pop italiano ha bisogno di tutto questo??? Se pensate che la risposta sia sì, sappiate che avete dei problemi seri, di quelli che necessitano dell'intervento di uno bravo.

 

Mahmood - Dimentica: Mahmood dimentica ma non è un problema, perché anch'io mi dimenticherò rapidamente di Mahmood e di questo brano che vorrebbe essere arabeggiante e che dimostra perché la musica araba non abbia mai veramente sfondato al di fuori dei corsi di danza del ventre.

 

Fra i due vince Mahmood, forse perché era lo straniero più politicamente corretto.

 

Prima di lasciarvi alla serata finale, che incoronerà quale fra i molti tipi di noia trionferà in questo Festival di Sanremo, vi mollo una chicca tratta dal sito ufficiale dell'evento:

 

Acarus???

 

Zero Assoluto e ACARUS!!! Direi un'accoppiata degna di rimanere negli annali!

 

Gadjet



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