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La storia viva

Giovedì 18 Novembre 2010 17:27 | Ultimo aggiornamento Martedì 30 Novembre 2010 23:02 | Scritto da Gadjet | PDF | Stampa | E-mail
Indice
La storia viva
Pagina 2: la voce dei prigionieri
Tutte le pagine
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Recentemente mi sono recato ad Atri, in Abruzzo, per alcuni concerti. Una sera mi è capitato di condividere il desco con un arzillo signore di 97 anni che ha letto pubblicamente una breve lettera su come ha vissuto in prima persona la Storia d'Italia; un punto di vista privilegiato da parte di uno dei pochi fortunati che possono ancora raccontare il Ventesimo secolo in prima persona.

Più volte mi sono rammaricato di non aver mai chiesto dettagli sulla guerra a mio nonno prima che morisse. Un po' perché non avevo molta confidenza con lui, un po' perché non parlava volentieri della campagna in Albania a cui aveva partecipato.
RIcordo che una volta, da bambino, ingenuamente gli chiesi: "Nonno, ma quante persone hai ucciso durante la guerra?". Lui mi aggredì. Letteralmente. Negò di aver mai ucciso qualcuno, quasi in lacrime, urlando che certe cose non si domandano mai.
Non ebbi mai risposta a quella domanda, ma so per certo che lui passò il resto della sua vita, fino al 1999, urlando di notte per gli incubi.

La Storia, quella con la "S" maiuscola, sa essere così scomoda da necessitare di oblio prima, e riscrittura poi. In questo caso possiamo rivederne uno spaccato da un punto di vista personale, scomodo e crudo, molto lontano da quanto "si può dire" oggi, anche a distanza di più di mezzo secolo dai fatti.
L'autore di questa lettera chiede da molti anni di poter avere un confronto aperto, televisivo, con i politici di qualunque schieramento. Non ha mai avuto risposta. Di certo è più facile aspettare che persone così muoiano, lasciando libero il campo al revisionismo storico e a quanto può essere socialmente accettabile.

Vergognamoci di noi stessi, della nostra ignoranza, della nostra cecità. Per una volta, ammettiamo che i libri non contengono tutto, e cerchiamo di ricordare che la storia non è fatta di date e numeri, ma di persone.
Persone come Marino Pavone, che per fortuna sono ancora qui a ricordarci di un passato così vicino eppure così lontano. Così svalutato e rivalutato da essere quasi pronto a ripetersi.

Per correttezza, ho chiesto esplicitamente all'autore il permesso di riportare la sua lettera su questo blog, e l'ho ricopiata parola per parola esattamente come l'originale.
Leggete e riflettete. Quando avrete finito, commentate. Sarebbe un peccato se tutto questo passasse ancora, troppo, sotto silenzio...



 


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